Ricordo un episodio curioso capitato anni fa nell’ashram del mio guru. Era il pomeriggio del Capodanno e per i bambini era festa grande. Dopo molti giochi si erano radunati in una piazzetta dove, appese a una corda, vi erano una decina di pignatte, grandi pentoloni di terracotta. Alcune di esse erano piene di dolci, altre di acqua, altre ancora di piccoli regali. I bimbi, bendati, venivano fatti girare su se stessi perché perdessero l’orientamento e poi, lasciti liberi di muoversi, venivano guidati o sviati dalla voce dei loro alleati o avversari a colpire con un bastone le pignatte. Avevano a disposizione solo tre colpi. Se rompevano una pignatta ricevevano un premio, e a tutto il gruppo veniva permesso di buttarsi a raccogliere i dolcetti o i regalini caduti per terra. Se poi si rompeva la pignatta con l’acqua e il bambino bendato faceva un gran bagno, le risate erano scroscianti.
Ad un certo punto il guru chiamò i bambini e disse loro di bendare lo swami direttore della scuola. Fu gran festa. Lo swami venne bendato, fatto girare, e poi guidato con grandi urla da tutti i bambini presenti. Naturalmente essi si divertivano un mondo a dargli false indicazioni. Solo una bimba, innamorata del suo maestro, lo guidava in modo corretto verso le pignatte, ma la sua vocina era quai del tutto coperta dalla grande confusioni creata soprattutto dai maschietti.
Lo swami tentò tre colpi senza successo, poi si tirò giù la benda dagli occhi, e guardò il guru che gli disse: “Hai fallito, swamiji”. Il monaco si scusò dicendo: “Eh, Gurumayi, mi hanno guidato male!”
“No – lo corresse il guru – c’era una bambina che ti guidava bene: perché non l’hai ascoltata?” Lo swami rispose: “Non ho sentito la sua voce, era coperta da una gran confusione di voci forti”. “Ah – riprese il guru – così è la vita. C’è una vocina che parla continuamente e ci guida diritti verso la meta. È a questa vocina che dev’essere rivolta la nostra attenzione, non a tutto il disturbo provocato dalle innumerevoli voci intorno a noi. Se ascoltiamo quelle, falliamo”.
Tratto da Dove va l’anima dopo la morte di Cesare Boni