Sostegno psicologico ai genitori di bambini diversamente abili
Un linguaggio diverso è una diversa visione della vita – Federico Fellini
La nascita di un bambino comporta sempre un certo grado di confusione e disorganizzazione all’interno del ciclo di vita di una famiglia. Cambiano i ritmi, gli spazi, la routine, il senso d’identità dei genitori e della coppia genitoriale.
Quando nasce un bambino con handicap tutto si complica. La famiglia si trova coinvolta in un fenomeno dirompente, critico, potenzialmente distruttivo degli equilibri e della coesione del sistema-famiglia. I conflitti già esistenti possono essere esacerbati dalla condivisione di emozioni negative, dalla fatica e dallo stress che non riescono ad essere compensati dalla gratificazione e dalla gioia della crescita quando il piccolo ha menomazioni, disabilità, handicap.
Nel momento in cui ricevono la diagnosi i genitori vivono una perdita, un vero e proprio lutto. Ciò che hanno perso è la fantasia del “bambino sano”, perfetto, su cui sono stati investiti affetti e desideri e costruiti progetti.
Cosa si può fare ?
Affinché il ciclo vitale della famiglia non si cristallizzi in una reazione di shock, i genitori devono essere sostenuti nel processo di elaborazione del lutto. Vanno incoraggiati nella percezione e nell’espressione della rabbia, del senso di colpa e di tutte quelle emozioni che, se riconosciute e contenute, renderanno il dolore più tollerabile. Ciò permetterà di accettare e affrontare il problema, di elaborare un progetto di vita nuovo per il bambino e per tutta la famiglia.
Se questa evoluzione del dolore non avviene, la famiglia può arrestarsi in una situazione di colpevolizzazione verso sé stessa o verso gli altri, ad esempio verso i medici. Ciò compromette anche la relazione con il bambino, la possibilità di accettare la sua esistenza e di ascoltare i suoi bisogni, le sue particolari necessità.
I genitori devono allora essere sostenuti in un processo di cura che metta da parte un atteggiamento direttivo e pedagogico e privilegi l’ascolto empatico dei bisogni profondi e dei reali problemi della persona con handicap, ma questo non può prescindere dall’ascolto dei bisogni e delle difficoltà dei genitori stessi